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Ci si sorprende sempre quando si scoprono luoghi incantevoli proprio dietro casa e Bologna e dintorni sono stati per me una di queste scoperte: ecco cosa è successo a BlogInBo, la 3 giorni emiliana da veri turisti italiani.

dozza

BlogInBo: alla scoperta di Bologna e dintorni

Dozza, un museo a cielo aperto

Partiamo dalle colline bolognesi per cercare un po’ di fresco nelle roventi giornate di fine giugno e lo facciamo da uno dei borghi più belli d’Italia, Dozza, con le sue casette colorate rese uniche dai murales che un illuminato sindaco nel 1960 aveva pensato di fare realizzare per rendere il paese un museo a cielo aperto.

Con il passare degli anni, pennellata dopo pennellata, Dozza diventa così una piccola opera d’arte dove oltre che lasciare che lo sguardo venga catturato ad ogni passo, vale la pena concedersi il tempo di visitare la Rocca Sforzesca che ospita il Museo e, per gli amanti del cibo e del vino, l’Enoteca regionale dell’Emilia Romagna per degustazioni e acquisti.

Alla sera Dozza si trasforma in un presepe, punteggiato dalle luci dei ristorantini, molti dei quali hanno anche proposte senza glutine, considerando che la parte del leone la fanno i salumi del territorio e il ragù alla bolognese (chiedere una pasta gluten free pare essere un’impresa fattibile!).

dozza di sera

La nostra cena all’Osteria di Dozza è un insolito connubio tra cucina del territorio e musica irlandese dal vivo (i concerti di musica live accompagnano sempre le cene del venerdì) in un’atmosfera che, per qualche strana alchimia e suggestione, mi fa sentire immersa in un film di Fellini. Il tagliere con salumi, formaggi e giardiniera può essere servito con una gustosa piadina di farina di mais, anche se è richiesto di avvertire in anticipo la presenza di intolleranze e ingredienti sgraditi.

Bologna la dotta

La storia universitaria della città di Bologna si respira nelle strade, negli edifici, nelle statue e nei volti dei numerosi studenti che affollano i portici, allegramente stretti attorno ad amici eleganti con l’immancabile corona d’alloro che segna nuovi orizzonti.

Percorrendo Via D’Azeglio, la via delle celebri luminarie, quest’anno si canticchiano le strofe più popolari delle canzoni di Raffaella Carrà, amatissima bolognese scomparsa di recente, passando di fronte alla casa di un altro suo concittadino che ha reso unica la canzone italiana, Lucio Dalla di cui compaiono tracce e ricordi in vari angoli della città.

Omaggio a Lucio Dalla sui muri di Bologna

Omaggio a Lucio Dalla sui muri di Bologna

Superando cortili medievali, torri e piazze, si entra poi nel cuore della dotta, l’Archiginnasio che ospita la Biblioteca Comunale con i suoi inaccessibili tesori e un imponente Teatro anatomico che incute non poco timore sia reverenziale che per l’immaginazione!

Teatro anatomico

Il Teatro anatomico all’interno dell’Archiginnasio

Non è un caso che un tale luogo di scienza e medicina nasca proprio a Bologna attorno alla metà del 1600, per tenere sotto controllo le attività che fino ad allora erano state svolte di nascosto, in case private, da parte dei medici che con le loro dissezioni camminavano sul filo sottile che separava la scienza dalla stregoneria.

E senza mai dovere rinunciare al piacevole abbraccio dei 38 km di portici, ci immergiamo nel formicaio delle vie del mercato con le loro salumeria, botteghe, trattorie ed osterie: un tripudio di paste fresche e salumi che sono l’evidenza assoluta che il secondo aggettivo storicamente legato a Bologna non è stato scalfito dalle nuove mode alimentari.

Bologna la grassa

Tappa nelle botteghe storiche di Tamburini e Simoni per fare acquisti di buon cibo perché all’Osteria del Sole è dal 1465 che si può acquistare solo il vino: decisamente un invito a rendere onore a tutto il ben di Dio che si trova lungo il cammino per raggiungere Vicolo Ranocchi.

osteria del sole

L’Osteria del Sole è il punto d’incontro dei bolognesi, è il luogo in cui spariscono le classi sociali e si vendono in egual numero le bottiglie di Sangiovese romagnolo e il più costoso champagne francese, è il luogo in cui i più grandi personaggi del cinema e dello sport hanno fatto tappa per gustare la rosea mortadella il cui inconfondibile profumo è più insidioso delle Sirene di Ulisse.

Così, nonostante tutti i buoni propositi di resistere alle tentazioni e di concedersi solo un assaggio, ci troviamo appagati e sazi, pronti per una tappa in torrefazione per l’ultimo tocco di felicità per i sensi: un espresso da Terzi di cui proviamo una nuova, inebriante miscela di caffè.

Dalla terra al cielo

Mai i 498 gradini della Torre degli Asinelli sono stati tanto invocati per smaltire il pranzo luculliano! Parola d’ordine: puntualità, perché sulla Torre si sale rigorosamente con prenotazione e all’orario stabilito, quindi per organizzare al meglio le proprie attività, la tappa obbligata sono gli uffici di Bologna Welcome ed Extra Bo in Piazza Maggiore dove trovare tutte le informazioni, potere acquistare biglietti e prenotare accessi e visite.

le scale per salire sulla torre degli asinelli

Le scale per salire sulla Torre degli Asinelli

 

Oltre alla vista sulla città dal suo punto più alto, la Torre ci offre qualche goccia di pioggia ristoratrice e il desiderio di continuare a goderci il cielo sopra Bologna raggiungendo l’altro simbolo della città, il monumento che annuncia che lì c’è Bologna a tutti coloro che si avvicinano al territorio: il Santuario della Madonna di San Luca.

Rinfrescante escursione con il trenino per ammirare il susseguirsi di archi che con i loro 3.796 m formano il portico più lungo al mondo che raggiunge il Santuario permettendo ai pellegrini di farlo al riparo dalle intemperie e dal calore. Tra il verde brillante degli alberi del Colle della Guardia, il caldo arancio della Basilica si staglia ancora più imponente sullo sfondo di un cielo turchese da cartolina.

San Luca

Bologna e dintorni è pasta all’uovo

Non ho idea di quante volte ho fatto la pasta all’uovo, né di quante volte ho insegnato a prepararla nella vita, eppure non ho resistito alla tentazione di partecipare al corso per preparare tortelloni e tagliatelle tenuto dalle simpaticissime Monica e Barbara di Tryandtaste a Monteveglio, a circa mezz’ora in auto da Bologna.

Sapete cosa mi fa impazzire della pasta fresca? Che ogni famiglia ha proprie versioni di ogni piatto, quell’ingrediente in più o in meno che rende il suo tortellone semplicemente unico. Così dalle mie compagne di mattarello ho imparato non solo a chiudere la pasta alla maniera di Bologna, ma anche a insaporire la farcia con il prezzemolo e un pizzico di aglio, ingrediente proibito nei ripieni di casa Bertinelli.

A colpi di mattarello e taglia pasta, i taglieri si riempiono presto dei più invitanti e panciuti Tortelloni e di morbidi nidi di Tagliatelle che mentre scattiamo foto e giriamo video sono già ad aspettarci, conditi e profumati sul tavolo da lavoro magistralmente trasformato in semplice, ma sontuoso banchetto: Tortelloni burro, salvia e parmigiano e le autentiche Tagliatelle al ragù.

Lo sapete che mi ero bene allenata ad affrontare le fatiche culinarie bolognesi, eppure, ogni volta che mangio un buon ragù, il mio palato rimane sempre stupito come fosse la prima volta che assaggia quella ricetta! E forse un motivo c’è perché, anche in questo caso, ogni bolognese ha la sua versione del sugo usando un taglio diverso del manzo o del maiale, aggiungendo più o meno passata o concentrato di pomodoro, il tanto dibattuto bicchierino di latte, insomma è il caso di dire: a ognuno il suo ragù! Il mio? Ve lo racconterò a brevissimo, qui sul blog.

tortelloni e tagliatelle

Il bello e il buono che fanno bene all’ambiente

Come in tutti gli spettacoli che si rispettino, anche il nostro BlogInBo non poteva che concludersi con un gran finale, questa volta sulle dolci colline del Parco Regionale dell’Abbazia di Monteveglio, circondati dai vigneti della cantina biologica e agriturismo Corte d’Aibo.

corte d'aibo

E’ in questo angolo di paradiso che nel 1989 Antonio Capelli e Mario Pirondini rilevano 35 ettari di terra per dare vita al loro avanguardistico progetto di creare un’azienda agricola biologica che oggi è completata da una splendida cantina in cui i vini trascorrono parte della loro vita in anfore di argilla interrate che permettono alle uve di conservare tutta la loro bontà fino a quando il sapere dell’uomo le assemblerà in magiche combinazioni che danno vita alle 14 etichette di Corte d’Aibo.

L'anforaia della cantina di Corte d'Aibo

L’anforaia della cantina di Corte d’Aibo

Il piacere del fresco Pignoletto frizzante ci regala sollievo dall’arsura dell’ora di pranzo accompagnato da un crostino con il tartufo estivo di questa terra piena di sorprese, il tartufo che Appennino Food Group ricerca con l’aiuto dei piccoli lagotti nei dintorni di Savigno, patria poco conosciuta di questo tesoro sotterraneo.

tartufo

Poi, un calice di Rugiada, un vino bianco fermo, senza solfiti aggiunti, che unisce la profumata Malvasia di Candia con il tocco leggermente amarognolo del Grechetto Gentile, ci conduce all’acuto finale: l’assaggio della mortadella artigianale di Franceschini che non poteva che chiamarsi Opera.

Decisamente un’Opera d’arte: preparata solo con carni pregiate di suini italiani, insaccata in budello naturale, legata a mano, stufata lentamente e priva di conservanti, aromi ed allergeni, insomma da gustarsi fino all’ultimo morso e ad occhi chiusi per non farsi sfuggire nemmeno il più nascosto dei profumi.

Simone Franceschini affetta la sua Opera

Simone Franceschini affetta la sua Opera

Qui a Corte d’Aibo vorrei tanto fermarmi per potere ammirare il tramonto dietro i filari ordinati di viti perché sono certa che sia uno spettacolo mozzafiato, ma i programmi di ognuno dei compagni di avventura di BlogInBo ci obbligano a salutare questa terra e i nostri nuovi amici, ma sento di potere affermare che non passerà molto tempo prima che torni a ripercorrere il cammino tracciato perché le cose belle, buone e che fanno bene vanno condivise, parola di Ilaria.

test

 

 

 

 

Finalmente torniamo a cucinare insieme anche in presenza presso la splendida Cooking Academy di:

Gustincanto 

Con me preparete i piatti che rappresentano la più grande sfida per il senza glutine: il cestino del pane e le paste fresche.

Leggete l’entusiasmante programma dei corsi con chef e pasticceri e non fatevi sfuggire l’occasione di rivederci ai fornelli.

Chiamate e prenotatevi: il divertimento è assicurato!

calendario corsi

calendario corsi 2

Guardate il calendario completo dei miei corsi.

Il Radicchio di Treviso IGP nella cucina senza glutine: come cucinare gli strozzapreti al radicchio con fonduta di zucca per colorare la vostra tavola e rendere felice tutta la famiglia.

Il contest dedicato al “Fiore d’inverno”

Per fare conoscere il lavoro e l’attenzione che gli agricoltori della zona tipica dedicano al radicchio, il Consorzio Tutela del Radicchio di Treviso IGP e Radicchio Variegato di Castelfranco IGP che raccoglie i produttori di questi incredibili vegetali (noti anche come “Fiori d’inverno” per la loro forma che evoca quella di un fiore) ha deciso di lanciare un contest in tutta Italia dove a 10 blogger provenienti da varie regioni è stato chiesto di sposare il radicchio con le proprie tradizioni culinarie e di proporre una ricetta da gustarsi seduti ed una da potere consumare stando in piedi. 

Siete pronti a vedere il mio matrimonio? Partiamo dalla ricetta da gustarsi seduti: Strozzapreti al radicchio con fonduta alla zucca.

Il termine radicchio non indica una sola verdura. A seconda delle abitudini gastronomiche personali e della propria zona di origine, sicuramente la parola radicchio ci fa venire in mente diverse tipologie di vegetali. 

In Italia, il posto in prima fila lo occupa sicuramente il trevigiano, un radicchio che nasconde tante sorprese, non solo in termini di gusto e versatilità in cucina, ma anche per il modo in cui viene prodotto, raramente noto ai consumatori.

 

Il Radicchio Rosso di Treviso IGP: precoce e tardivo

L’acronimo IGP significa Indicazione Geografica Protetta, ma cosa implica tale denominazione? Implica che il radicchio a cui si riferisce viene coltivato in una zona geografica ben precisa dove il terreno, il clima e il metodo di produzione lo rendono unico ed inimitabile. 

Le caratteristiche del Radicchio di Treviso sono quindi diverse da qualsiasi altro prodotto, al punto che se una piantina venisse coltivata in un’altra zona del pianeta, il risultato finale sarebbe profondamente diverso: questo è uno dei tanti miracoli della natura. 

Il radicchio precoce

Come dice il nome, si tratta del radicchio la cui raccolta inizia a settembre (motivo per cui non lo vedrete utilizzato in queste ricette in quanto non disponibile) dopo che le piante vengono legate con un elastico in modo da impedire alla luce di penetrare al loro interno per 15-20 giorni. Di conseguenza, quando si raccolgono i grandi ciuffi, le foglie esterne vengono rimosse direttamente in campo, mentre la preziosa parte centrale di colore rosso scuro viene lavata e destinata alle nostre tavole. 

Il radicchio tardivo

Radicchio tardivo in vendita

Radicchio tardivo in vendita sugli scaffali di un fruttivendolo

Questo è il radicchio che più spesso associamo al nome Treviso ed è anche la tipologia che ho impiegato nella mia ricetta degli Strozzapreti.

A differenza di quanto uno possa immaginare per una verdura, il suo colore e il suo sapore dipendono fortemente dal processo. Si chiama tardivo perché è dopo 4 mesi in campo, a novembre, che avviene una svolta: i primi freddi infatti “bruciano” le foglie esterne conferendo loro la tipica forma “lanceolata”. A questo punto i radicchi vengono estratti dal terreno con le loro radici, vengono trasportati nelle aziende agricole dei coltivatori e messi in vasche riempite con acqua corrente a 10-12 gradi proveniente dalle sorgenti presenti in zona.

Il processo viene chiamato “imbianchimento forzato”: l’acqua e l’assenza di luce fanno sì che all’interno si sviluppino nuove foglie prive di clorofilla, dal tipico colore bianco e rosso-violaceo. 

Un’attenta toelettatura e un ultimo lavaggio preparano il radicchio all’ultima destinazione di un lungo e affascinante viaggio: i piatti più svariati e straordinari.

Spero ora non vediate l’ora di utilizzare il radicchio in cucina e di preparare questa pasta fresca fatta in casa per la quale vi consiglio di coinvolgere anche i più piccoli della famiglia: sarà molto più divertente forgiare questi golosi cilindretti che giocare con qualsiasi altra pasta modellabile giocattolo! Guardate il video per scoprire come fare. E se volete un’altra idea per utilizzare il radicchio, provate anche gli Gnocchetti di ricotta al radicchio.

La mia ricetta degli Strozzapreti al radicchio con fonduta alla zucca

carboidrati 22,8 g  per 100 g

Ingredienti per gli strozzapreti per 4 persone:

  • 100 g Radicchio di Treviso IGP tardivo
  • 100 g acqua (una parte di quella usata per scottare il radicchio)
  • 100 g pangrattato senza glutine Nutrifree**
  • 100 g farina preparato per Pasta fresca Molino Dallagiovanna**
  • 1 uovo
  • sale
  • farina di riso integrale per spolvero*

Ingredienti per la fonduta alla zucca

  • 200 g zucca già sbucciata e privata dei semi
  • 120 g latte
  • 120 g panna
  • 50 g Parmigiano Reggiano grattugiato
  • Radicchio di Treviso IGP tardivo
  • sale e pepe

**Ingredienti specifici per celiaci

*Ingredienti per i quali verificare l’assenza di glutine in etichetta o sul Prontuario AIC

Preparazione dell’impasto per gli strozzapreti e fonduta

  1. Mettete una pentola di acqua sul fuoco e portatela ad ebollizione; buttatevi il radicchio tardivo lavato e scottatelo per circa 1 minuto con l’acqua a bollore vivace. Togliete il radicchio con l’aiuto di una schiumarola e buttatelo in acqua fredda immediatamente, ma mi raccomando di conservare l’acqua di scottatura. Scolate poi il radicchio e lasciatelo in uno scolapasta affinché perda più acqua possibile. 
  2. Versate il pangrattato in una terrina e, per scottarlo, usate 100 g dell’acqua bollente utilizzata per il radicchio: versatela gradatamente mentre girate il pangrattato con un cucchiaio di legno. Lasciate intiepidire il tutto.
  3. Schiacciate leggermente con le mani il radicchio scottato in modo da rimuovere l’acqua in eccesso e tritatelo finemente su un tagliere usando un coltello o una mezzaluna. Aggiungete il radicchio tritato al pangrattato, quindi completate aggiungendo farina, uovo e sale.
  4. Impastate tutti gli ingredienti in modo da ottenere un composto omogeneo che risulterà piuttosto umido. Avvolgetelo in un foglio di pellicola trasparente e lasciatelo riposare per circa 15 minuti.
  5. Nel frattempo, preparate la fonduta. Mettete latte e panna in un tegamino con il fondo spesso, portateli a leggero bollore e lasciate ridurre il liquido alla metà. Allontanate dal fuoco e aggiungete il parmigiano grattugiato mescolando affinchè si sciolga perfettamente.
  6. Tagliate la zucca a cubetti e cuocetela nel forno a microonde per 4 minuti alla massima potenza in un contenitore chiuso, oppure in forno statico a 200 g per il tempo necessario a rendere la zucca morbida (il tempo dipenderà dalla dimensione dei cubetti). Schiacciate la zucca con una forchetta in modo da ottenere una purea, quindi aggiungetela alla fonduta, amalgamate bene il tutto e aggiustate di sale e pepe.

Formatura degli strozzapreti e completamento

  1. Prendete dei piccoli pezzi di impasto, con l’aiuto di una spolverata di farina di riso integrale stendeteli con un mattarello allo spessore di circa 2 mm; tagliate delle striscioline lunghe circa 4 cm e larghe 1,5 cm, mettetele tra i palmi delle mani e fate scorrere le mani in direzione opposta affinché la strisciolina diventi una sorta di torciglione.
  2. Adagiate gli strozzapreti su un vassoio leggermente spolverato con farina di riso integrale e continuate fino ad esaurimento dell’impasto.
  3. Accendete nuovamente il fuoco sotto l’acqua di scottatura del radicchio; versate la fonduta alla zucca in una capiente padella antiaderente e fatela scaldare leggermente. Quando l’acqua nel tegame raggiunge il bollore, buttate gli strozzapreti, fateli cuocere qualche minuto fino a quando salgono in superficie e con una schiumarola toglieteli e buttateli nella padella con la fonduta.
  4. Lasciate insaporire per qualche minuto gli strozzapreti con la fonduta, quindi serviteli bollenti completati da qualche ciuffetto di radicchio fresco.
Strozzapreti al radicchio pronti per essere gustati

Strozzapreti al radicchio pronti per essere gustati

 

La versione con glutine degli Strozzapreti al radicchio con fonduta alla zucca

Sostituite la farina senza glutine con farina convenzionale e riducete il quantitativo di acqua usata per scottare il pangrattato in modo da avere tutto il pangrattato inumidito, ma non cremoso.

Perché partecipare ad un contest intitolato “La Grappa del Trentino nel piatto”?

Per tanti motivi, ma in primo luogo perché la Grappa è un distillato naturalmente senza glutine e perché, se usato in cucina, può essere gustata senza troppe preoccupazioni da chi è affetto da diabete. L’invito da parte dell’Istituto Tutela della Grappa del Trentino mi arriva quindi con immensa gioia anche perché della Grappa vorrei conoscere qualcosa di più visto che è un prodotto esclusivamente italiano (i distillati prodotti in modo simile negli altri paesi del mondo si chiamano acquavite).

Dopo avere incontrato le compagne di avventura, ossia le altre tre blogger coinvolte Annalisa del blog Mi manca il sale, Orsola di Ockstyle e Paola di Profumo di vaniglia, qualche chiacchiera, un boccone e via ad affrontare il sol leone di Trento (chi ha detto che al nord fa fresco???).

Come si produce la grappa del Trentino

La prima tappa di questo breve, ma intenso viaggio è la Cantina e distilleria Pisoni, dove la famiglia produce grappa dal 1852 in un angolo di paradiso che si chiama Valle dei Laghi, una lingua di terra tra il Lago di Garda e le Dolimiti del Brenta in cui il microclima risultante dalla presenza delle grandi distese d’acqua e dall’altitudine delle montagne circostanti garantisce quelle escursioni termiche tra giorno e notte che permettono all’uva di sviluppare profumi ed aromi unici.

Esposizione di prodotti della distilleria Pisoni

Esposizione di prodotti della distilleria Pisoni

Ci accompagna Giuliano, il fratello che all’interno della famiglia si prende cura della grappa, che inizia a spiegarci che la grappa è una bevanda alcolica ottenuta dalla distillazione della vinaccia, ossia le bucce e i vinaccioli che rimangono dopo la spremitura dell’uva per la produzione di vino.

Qui da Pisoni, le caldaie e gli alambicchi, nel silenzio immobilizzato dai sigilli apposti dall’Agenzia delle Dogane che controlla la produzione soggetta al pagamento delle accise, sembrano aspettare il momento in cui sbufferanno con il vapore, da settembre a novembre.

In quel periodo dell’anno, la caldaia viene riempita di vinaccia e acqua, questa viene riscaldata e trasformata in vapore che, portando con sé la parte alcolica e aromatica, sale verso l’alto, entrando in un tubo che passa in un refrigeratore dove si condensa e ritorna in forma liquida. Questo primo distillato prende il nome di flemma ed ha una gradazione alcolica di 20-22 gradi poiché contiene ancora una parte di acqua.

La flemma viene quindi pulita mettendola in una caldaia a bagnomaria, ossia scaldata grazie al vapore che scorre in una intercapedine, così da separare i vapori buoni da quelli meno gradevoli in base alle temperature di evaporazione: i primi ad evaporare e ad essere eliminati vengono detti teste, la parte centrale chiamata cuore viene conservata, mentre viene tagliata anche la parte finale detta coda. La grande difficoltà e la capacità del mastro distillatore stanno proprio nel sapere quando apportare questi tagli durante la distillazione per conservare solo il meglio degli aromi e dei profumi del distillato.

Dalla grappa grezza alla grappa finita

Il risultato di tanto lavoro è la grappa grezza, ossia un distillato a 80 gradi che dovrà sottoporsi ad un’ultima trasformazione che consiste nell’aggiunta di acqua per abbassare il grado alcolico attorno ai 40 gradi e nella filtrazione mediante congelamento per eliminare tracce di rame e grassi (oli essenziali derivanti dalle bucce d’uva) in modo da ottenere un liquido perfettamente limpido. A questo punto la grappa è pronta per essere imbottigliata oppure per proseguire il proprio invecchiamento in barrique per prodotti che svilupperanno caratteristiche specifiche.

Sapete quanti litri di grappa si ottengono da 100 kg di vinaccia? Da un minimo di 5 ad un massimo di 20 litri di grappa grezza a seconda della qualità della vinaccia che si è utilizzata: se l’uva è buona, sana e ben matura, ci regalerà non solo caratteristiche organolettiche migliori, ma anche una maggiore quantità di prodotto finito! La qualità della grappa, ci racconta Giuliano, la fanno la natura e i tagli del mastro distillatore.

Giuliano ci accompagna anche nelle cantine scavate sotto la roccia della montagna a cui si appoggia l’edificio della distilleria: qui riposano migliaia di bottiglie di spumante Trento DOC ad una temperatura costante di 10°C…un meraviglioso sollievo in una giornata da “bollino rosso” della settimana più calda dell’anno a detta dei meteorologi! Beh, di questa splendida bollicina ce ne degustiamo un calice prima di trasferirci a Palazzo di Roccabruna, sede dell’Enoteca provinciale del Trentino e del nostro Contest di cucina.

Il Contest “La Grappa del Trentino nel piatto”

Qui ci aspetta anche lo chef Sebastian Sartorelli che ha preparato le nostre Mistery box. L’unica certezza è che dovremo utilizzare la grappa, mentre sugli altri ingredienti regna il più stretto mistero. Alle 18 in punto, dopo qualche foto e il calore che aumenta con l’accensione di forno e fornelli, possiamo finalmente svelare il mistero: filetto di cervo, grano saraceno, formaggio fontal e pera sono gli ingredienti obbligatori per il nostro piatto, ma abbiamo a disposizione anche ingredienti “universali” come farina, uova, condimenti, alcune verdure, erbe aromatiche e spezie… insomma un tripudio di colori e profumi!

Sapete una cosa? Non so perché, ma non ho nessunissimo dubbio: il mio piatto sarà un raviolo! Naturalmente, qui ho farina di frumento a disposizione oltre al saraceno e non le farine che sono abituata ad utilizzare per preparare i ravioli senza glutine…beh, per noi che siamo abituati a lavorare impasti che sono delicati come la seta, un impasto preparato con farina contenente glutine è un gioco da ragazzi: tirare la sfoglia è incredibile, non si rompe mai!

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Il ripieno è una versione trentina dei tortelli di patate della mia nonna: patate bollite, pere saltate alla grappa, fontal grattugiato e ancora grappa per aromatizzare il tutto al posto dell’intruglio di liquori della nonna Rina.

Infine il cervo. “Oh, deer!” mi dice la mia anima di interprete quando vedo il filetto di cervo nella scatola, un “Oh, mio Dio!” che si trasforma proprio in “Oh, il cervo!”, che naturalmente diventa il nome, obbligatorio, del mio piatto. Ebbene sì, il cervo non l’ho mai cucinato prima, anche se teoricamente so come farlo. Lo metto a macerare con erbe aromatiche e grappa mentre bollono le patate e preparo la sfoglia. Infine, burro in padella e quando è ben caldo, aggiungo il filetto di cervo e lo faccio rosolare in superficie, quindi aggiungo la marinatura per fare evaporare la grappa ed ottenere un fondo di cottura profumato e leggermente color nocciola: aromi emozionanti!

L’assaggio e la giuria

Ormai è tutto pronto e devo solo portare a compimento il mio progetto e farlo assaggiare ai giudici: Mirko Scarabello, Presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino, nonché nostro mentore in materia, Sebastian Sartorelli, chef per gli eventi dell’enoteca e chef della Hosteria Toblino di Madruzzo (TN), e Maria Grazia Brugnara, responsabile per la promozione dei prodotti enogastronomici all’interno della Camera di Commercio di Trento, oltre ad essere assaggiatrice ONAF, sommelier, assaggiatrice di oli e grappa.

I giudici valutano i nostri piatti sulla base di 6 criteri e su una scala da 0 a 10…ma sapete la cosa straordinaria? Noi tutte ci classifichiamo entro un range di voti di soli 2 punti e la vincitrice del contest è Annalisa del blog “Mi manca il sale” perché il suo piatto è quello che meglio si abbina alla grappa anche in degustazione, brava!

Quello per cui si è distinto il mio “Oh, deer!”? La creatività e le tecniche impiegate…vi assicuro che appena trovo un filetto di cervo come quello che ci ha procurato lo chef Sebastian lo cucino subito alla mia famiglia, anche perché in quel di Parma adesso la Grappa non mancherà più!

La ricetta del mio Raviolo “Oh, deer!”

carboidrati 27 g per 100 g di ravioli crudi senza il filetto di cervo

Ingredienti per la sfoglia per 6 persone

  • 200 g farina Petra 1** oppure Nutrifree per pasta fresca** (al contest ho utilizzato 250 g di farina di frumento 00)
  • 50 g farina di grano saraceno
  • 3 uova intere
  • sale e acqua (solo se l’impasto dovesse risultare troppo duro)

 

Ingredienti per il ripieno

  • 400 g patate
  • 100 g pera
  • 80 g Fontal
  • 1 bicchierino abbondante di Grappa del Trentino invecchiata
  • sale e pepe

Ingredienti per il cervo

  • 1 filetto di cervo di piccole dimensioni
  • 30 g burro
  • 1 bicchierino di Grappa del Trentino invecchiata
  • erbe aromatiche a piacere
  • olio extra vergine di oliva
  • sale

Ingredienti per completare

  • buccia di limone
  • origano fresco
  • fiori di piante aromatiche

**Ingredienti specifici per celiaci

*Ingredienti per i quali verificare l’assenza di glutine in etichetta o sul Prontuario AIC

Preparazione

  1. Prima di tutto fate bollire le patate con la buccia fino a quando risulteranno morbide forandole con i rebbi di una forchetta.
  2. Mettete a marinare il filetto di cervo con erbe aromatiche a piacere, un filo d’olio extra vergine di oliva e un bicchierino di grappa.
  3. Preparate la sfoglia: formate la fontana con le 2 farine, rompete le uova nel centro, aggiungete un pizzico di sale e iniziate sbattendo le uova con una forchetta; iniziate ad incorporare la farina gradatamente fino a quando riuscite ad impastare con le mani. Solo se dovesse risultare troppo asciutto, bagnarsi le mani con acqua per completare l’operazione. Quando avrete ottenuto un composto liscio ed omogeneo, mettetelo a riposare in un sacchetto di plastica pulito.
  4. Sbucciate la pera, tagliatela a cubettini piccoli e fatela ammorbidire per una decina di minuti in una padella antiaderente sfumandola con un goccio di grappa. Mettetela da parte.
  5. Schiacciate le patate mentre sono ancora calde, insaporitele con il Fontal grattugiato, la grappa, le pere aromatizzate, sale e pepe.
  6. Preparate il filetto di cervo. Mettete il burro in una padella antiaderente, scaldatelo molto bene, quindi aggiungete il filetto di cervo; fatelo rosolare a fuoco vivo su tutti i lati per qualche minuto fino a quando la superficie risulta ben marrone, quindi aggiungete il liquido di marinatura per farlo restringere e accentuare la rosolatura. Allontanate dal fuoco, mettete sia il filetto che il fondo di cottura in una ciotolina e ricopritela con un foglio di alluminio.
  7. Preparate i ravioli. Stendete la sfoglia sottile, ma non troppo (io l’ho tirata al penultimo foro), adagiate delle “noci” di ripieno a distanza di 5 cm tra loro, ripiegate la sfoglia in modo da coprire il ripieno, fate aderire bene la sfoglia attorno al ripieno utilizzando le dita, quindi tagliate delle mezze lune con un coppapasta.
  8. Bollite i ravioli in acqua bollente leggermente salata, cuoceteli per il tempo necessario tastando la pasta di tanto in tanto, scolateli con una schiumarola adagiandoli su uno strofinaccio e impiattateli. Conditeli con una fettina sottilissima di filetto di cervo, fondo di cottura dello stesso, una piccola grattugiata di buccia di limone e qualche piccola fogliolina di origano fresco e fiorellini di piante aromatiche.
Oh, deer! Raviolo di patate e cervo alla Grappa del Trentino

Oh, deer! Raviolo di patate e cervo alla Grappa del Trentino

Se vi piace preparare i ravioli, potete provare anche i Ravioli con gamberi e pomodorini

In occasione della Festa della Donna vogliamo proporvi un’idea alternativa rispetto alle solite mimose, un regalo per gli occhi e per il palato.

Si, oggi desideriamo andare controcorrente rispetto alla tradizione e consigliare una ricetta da preparare per la donna che si ama, ma anche per una cena tra amiche. Insomma, per una serata dedicata al mondo femminile.

Curiosi?

Molto bene, allora preparatevi a cucinare dei deliziosi Ravioli con gamberi gamberi e pomodorini con quel particolare in più: una romantica forma a cuore.

La ricetta dei Ravioli con gamberi e pomodorini 

carboidrati 18,48 per 100 g

Ingredienti per la sfoglia

  • 300 g farina Petra 3** (per farina con glutine, vd. sotto)
  • 5 uova
  • 10 g cacao amaro*
  • 1 pizzico di sale
  • acqua

Ingredienti per il ripieno

  • 400 g gamberi lessati e sgusciati
  • 300 g patate lessate e sbucciate
  • 100 g robiola
  • sale e pepe

Ingredienti per il condimento

  • 500 g pomodorini oppure di pomodoro a cubetti
  • 30 g olio extra vergine di oliva
  • 3 foglie di basilico
  • ricotta salata, sale, olio extra vergine di oliva

**Ingredienti specifici per celiaci

*Ingredienti per i quali verificare l’assenza di glutine in etichetta o sul Prontuario AIC

Preparazione dei ravioli con gamberi e pomodorini

  1. Su un tagliere, create una fontana con la farina e rompetevi le uova nel centro, olio e sale.
    Iniziate a sbattere le uova con una forchetta e ad incorporare la farina gradatamente in modo da evitare che i liquidi fuoriescano dalla fontana, aggiungendo qualche cucchiaio d’acqua se necessario.
    Continuate a mescolare fino a quando l’impasto risulterà abbastanza compatto.
  2. A questo punto, procedete lavorando la sfoglia con le mani fino a quando diventerà liscia e soda. Copritela con della pellicola trasparente e lasciatela riposare mentre vi dedicate al ripieno.
  3. Schiacciate le patate e mescolatele con i gamberetti tagliati a pezzi, la robiola, il sale e il pepe.
  4. Ora assemblate i ravioli.
  5. Stendete la sfoglia, tagliatela con un coppapasta a forma di cuore e riponetevi al centro il ripieno. Infine, chiudete il raviolo appoggiando sulla base un’altra formina di pasta. Per sigillare le due parti potete aiutarvi con i denti di una forchetta.
  6. Mettete una pentola d’acqua sul fuoco e portatela ad ebollizione. Nel frattempo, fate saltare i pomodorini tagliati a metà e le foglie di basilico in una padella antiaderente con un filo d’olio, aggiustando di sale.
  7. Cuocete i ravioli in acqua salata e, una volta cotti, scolateli, asciugateli leggermente su un telo e impiattateli condendoli con i pomodorini saltati, una abbondante grattugiata di ricotta salata ed un filo d’olio extra vergine d’oliva delicato.

Ricetta_senza_glutine_ravioli_con_gamberi

La versione con glutine dei Ravioli con gamberi e pomodorini

Sostituite i 300 g di farina senza glutine con farina convenzionale e impastatela con 3 uova intere e qualche cucchiaio di acqua.