Finalmente si parte alla scoperta di un territorio, di prodotti e produttori. Finalmente si prepara una valigia, ferma da ormai cinque mesi in un angolo della cabina armadio che era abituato ad essere vuoto. Destinazione Tuscia.
Alla scoperta di un territorio con l’Associazione Italiana Food Blogger
La lunga “prigionia” dettata dall’emergenza Covid aveva spinto me ed altri amici e soci dell’Associazione Italiana Food Blogger (AIFB) a pianificare una delle attività che ci piacciono tanto: la scoperta del territorio.
Con la scusa di rivedermi con amici di vecchia data, ho iniziato con una terra non proprio vicina geograficamente, ma sicuramente molto vicina dal punto di vista affettivo: Tarquinia e Tuscania (protagonista, quest’ultima, di splendide ed indimenticabili avventure).
La prima tappa è l’Azienda Agricola Villa Caviciana, a Grotte di Castro, unica azienda in Italia ad allevare i maiali di razza Mangalitza, originaria dell’Ungheria, con la caratteristica di sviluppare uno strato di grasso superficiale di 10 cm di spessore in soli 13 mesi di vita. La curiosità verso questo maiale era nata dopo i racconti di una degustazione di prosciutti ottenuti da questi maiali da parte della mia amica blogger Cristiana Curri e la sorpresa che la nostra curiosità sarebbe stata soddisfatta a soltanto 1 ora di macchina da casa sua a Roma. E se gli amici chiamano, non ci si può tirare indietro!
I 700 maiali dell’allevamento vivono allo stato semibrado sulle colline adiacenti il Lago di Bolsena che fa da sfondo agli animali che grufolano nel fango divertendosi nella tersa, ma calda giornata di metà luglio. Gli ampi recinti popolati da frondosi alberi ospitano le allegre famiglie di maiali adulti seguiti dai numerosi suinetti dalle taglie più svariate.
L’alimentazione di questi maiali è in parte basata sulla vegetazione spontanea, tra cui le nocciole di cui il territorio è ricco, ed in parte su proteine e fibre vegetali provenienti da cereali e legumi che fanno sì che il grasso di questi animali presenti il 72% di Omega 3.
A pochi chilometri dall’allevamento, le colline di popolano di rigogliosi vigneti assolati con vista sul lago che si trasformano negli apprezzati vini locali.
Dopo carni e vini, ci spostiamo ad Ischia di Castro per raggiungere l’Agriristoro dei Fratelli Pira i cui formaggi mi avevano letteralmente stregata in occasione dell’evento Aspettando Borgo Food qualche anno fa a Fidenza in provincia di Parma. Il percorso per raggiungere l’azienda agricola è lungo e su strade bianche, ma una volta arrivati, è impossibile non innamorarsi di…tutto!

Ecco il nostro gruppo di blogger dal lato sinistro al centro: Vittoria Tassoni (Vittoriaincucina), Debora Valentini (Slow Food Viterbo e Tuscia), Cristiana Curri (Le chicche di Cristiana), io, Tomas, Sabrina Tocchio (Natosottoilcavolo), Giovanni Lucci (Cucinierevagabondo), Giusy Rotelli (Dolciedelizie), Moreno Sardi, Candida Cadè (mmm….buonissimo!)
Arriviamo che sono le 14, ormai tormentati dalla fame e il cibo verace ci trasporta magicamente verso la terra di Sardegna da cui i nonni di Tonino e Gianni, i fratelli che gestiscono l’attività agricola e casearia (assieme a mamma e sorella che muovono le fila da dietro le quinte), erano partiti per stabilirsi un questa terra, non sempre facile e docile.
Naturalmente gli antipasti a base della straordinaria ricchezza di formaggi di pecora e capra della casa la fanno da padrone, ma il primato se lo devono conquistare con il tavolo imbandito di salumi ottenuti dai suini allevati allo stato brado per esclusivo uso dell’agriturismo, soprattutto per l’immancabile porcetto arrosto.
Malloreddu, ragù di pecora, gnocchi di ricotta, porcetto arrosto, agnello, arrosticini e seadas non danno adito a dubbi sulla tradizione culinaria.
Così, complice un liquore al mirto per aiutare la digestione di un pranzo luculliano, cerchiamo di smaltire visitando gli allevamenti. Ci rechiamo prima di tutto verso i boschi per vedere spuntare da ogni dove, sotto gli alberi e oltre le colline, maiali di tutte le età che corrono curiosi riconoscendo la voce di Tonino Pira, indiscusso padrone che deve avere soddisfatto il loro appetito molte volte, visto l’entusiasmo della risposta al richiamo!
Percorrendo le strade sterrate tra i campi punteggiati dai cardi e dalle erbe spontanee, torniamo verso le stalle delle pecore e delle capre, visitando orti e pollai che sono la fonte della materia prima dell’Agriristoro.
Le pecore sono 1200 e le capre 170, tutte estremamente curiose del gruppo di curiosi armati di macchine fotografiche e blocchi per appunti. Tra i belati simili ai vagiti di un bambino e i saltelli delle capre, ci spostiamo verso il cuore pulsante dell’azienda: il caseificio, collegato direttamente all’impianto di mungitura in fondo alla stalla.
E’ nella frescura dei locali climatizzati che Tonino ci strega con il suo sguardo emozionato mentre parla delle sue creature, dei formaggi che inventa ogni giorno a seconda di quello che la natura gli mette a disposizione: oggi ha raccolto delle splendide foglie di castagno dove avvolgerà i pecorini che verranno pronti domani.
Ma sulle tavole di legno delle celle di stagionatura campeggiano forme e colori diversi, formaggi di ogni dimensione e profumo, croste lisce e croste fiorite, lucide e polverose. Tonino ci mostra delle piccole forme che sembrano dipinte con un pennello da calligrafia giapponese: sono i rami della pianta di pepe rosa che ha utilizzato per quel formaggio che sarà unico ed irripetibile…fino a quando la pianta dell’orto non regalerà altre ispirazioni.
E’ straordinario che da un solo ingrediente possano nascere decine e decine di formaggi completamente diversi: dai prodotti delicati e profumati usando le scorze di agrumi, alla sferzata di piccantezza e odori pungenti dell’erborinato invecchiato nelle vinacce, una varietà che mi affascina ogni volta che penso al mondo del formaggio.
In men che non si dica, arriva l’ora in cui noi dobbiamo rientrare a Roma, mentre tra il canto dei galli e il belato degli agnelli, le donne di casa Pira hanno già imbandito nuovamente i tavoli per coloro che sceglieranno di regalarsi un sabato sera in un angolo di Sardegna ritagliato tra il blu del cielo e il verde dei campi.